giovedì 31 luglio 2014

Salviamo la dignità


Dignità

E' questa la parola chiave su cui bisogna incentrare l'attenzione. La dignità dell'individuo, quella che si sta pian piano perdendo e che continuerà a perdersi senza un intervento forte e deciso sul piano del lavoro.
La dignità, sancita dalla nostra Costituzione Repubblicana:

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [...] E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." (Art.3)  


"La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società." (Art.4)


Di oggi la notizia che la disoccupazione giovanile (18-24 anni) continua ad aumentare (il 43,7% è senza lavoro) raggiungendo il massimo livello mai registrato da ISTAT. Ma non bisogna soffermarsi solo su questo dato, perché esiste una fascia d'età sempre dimenticata nelle discussioni sul lavoro, quella degli over 29 che, in un Paese come il nostro, è ancora da considerarsi giovane. Chi è in quella fascia è dentro un limbo dal quale è difficile uscire: prendendo in pieno l'ondata della crisi, intorno al 2012, si ritrova oggi con scarsa esperienza lavorativa (troppe porte chiuse nel periodo dell'apprendistato) e con delle leggi che continuano a favorire i contratti per gli under 30 (ultimamente, gli under 29). Chi si trova in quella fascia è troppo vecchio per (continuare a) imparare, troppo vecchio per un apprendistato ma troppo poco esperto. Normalmente, ad un "adulto", vengono richiesti 3-5 anni di esperienza lavorativa in un ambito, che a causa della crisi è stato impossibile accumulare. Si trova in una situazione analoga chi, di quella stessa fascia d'età, il lavoro l'ha perso o semplicemente non ha visto rinnovato un contratto a termine.
Ritrovarsi a trenta, trentacinque anni senza la possibilità di lavorare è psicologicamente logorante, credo (mi permetto di dirlo) più che per un ragazzo di vent'anni. I suoi vent'anni sono ancora intrisi di spensieratezza, i trenta ed i quaranta non più. E finché esisteranno gli "ammortizzatori sociali italiani", positivamente o negativamente li si voglia giudicare, ovvero le famiglie che ci sostengono (e che così facendo hanno coperto le spalle all'ipocrisia di molti Governi), questo Paese riuscirà a sopravvivere. Ma quel sostegno non è eterno. Senza di esso, nel Paese, le diseguaglianze sociali e la povertà porterebbero al crescere di disordini senza precedenti. Quando essi si affievoliranno, quella prospettiva potrebbe essere molto vicina. Si vuole dunque arrivare ad una crisi di quel livello?
In ogni caso, dover chiedere aiuto alle famiglie, già a loro volta colpite dalla crisi e dalla incombenze che normalmente vanno sostenute, è umiliante sia per chi l'aiuto lo chiede, sia per chi riceve la richiesta. Va a toccare e lede quell'aspetto della dignità individuale legato al benessere sociale ed umano. Chiede un sacrificio socialmente ingiusto. E noi siamo stanchi di sopportarlo. Vorremmo salvare almeno la dignità. E di conseguenza, la libertà.

La libertà è prima di tutto l’esaltazione della dignità del singolo. Ma come può vedere esaltata la sua dignità chi non ha lavoro, chi è affamato, chi non ha casa, chi è costretto quasi a mendicare? Chi è in queste condizioni sente umiliata la sua dignità: quindi non sarà mai un uomo libero. Ecco perché voglio anche la giustizia sociale, le riforme profonde in base alle quali ogni uomo possa vivere degnamente la sua vita. Ma nello stesso tempo devo affermare che la giustizia sociale, senza libertà, io la respingo decisamente: non mi basta, non mi interessa. Sandro Pertini